La mamma infermiera ora è diventata il mio mito


 

In questa pagina diamo spazio ai lavori che i nostri studenti hanno realizzato spontaneamente in periodo di emergenza sanitaria.

La mamma infermiera ora è diventata il mio mito.

Sembra tutto un film, sembra tutto qualcosa di surreale.

Questi giorni passano lentamente e sembra che il tempo non sia dalla tua parte.

Ancora non riesco a credere che siamo arrivati a vivere tutto ciò che stiamo vivendo. Siamo stati in grado di farci del male da soli, la nostra quotidianità è cambiata in un batter d’occhio, senza che ce ne rendessimo conto. Nonostante tutto, sono giorni in cui cresci, giorni che ti aiutano a capire sempre di più il valore che hanno le persone, il valore che ha la vita: essa è un dono e solo ora riusciamo a rendercene conto. In pochissimi giorni tutto si è fermato, abbiamo cambiato le nostre abitudini e anche il nostro stile di vita.

Tutto ha subito dei cambiamenti e tutti ci siamo dovuti adattare anche a metodi di lavoro nuovi, raramente utilizzati prima. La didattica a distanza, per esempio, inizialmente sembrava qualcosa di impossibile... ma tutti hanno fatto del loro meglio per farla funzionare, ogni professore, ogni alunno si sta impegnando per non perdere nessun argomento, per continuare ad istruirsi nel migliore dei modi. Tutta l’Italia, o meglio tutto il mondo, si sta impegnando per migliorare questa situazione, ognuno nel suo piccolo sta facendo qualcosa di grande per porre fine a questa pandemia.

Un nodo alla gola si crea quando cerco di parlare di ciò che sta accadendo, non riesco a spiegare quello che provo stando a casa con mia mamma, una semplice infermiera, che mette a rischio la sua vita per quella degli altri, una donna che cerca di dimostrarsi sempre felice di fronte alla sua famiglia, ma che dentro soffre e ha paura, tanta paura.

Ha paura di non poter più tornare a casa dopo un turno di lavoro, ha paura di esser contagiata, ha paura di contagiare a sua volta la sua famiglia, ha paura della morte. Questo è ciò che leggo nei suoi occhi, questo è ciò che mi trasmette con un semplice sguardo.

Ogni volta che la vedo rientrare a casa tiro un respiro di sollievo, perché so che fin quando lei è al mio fianco io sono al sicuro.

Solo in questi giorni ho capito il suo vero lavoro, sono riuscita a comprende tutto l'amore che mette nel farlo e glielo si legge negli occhi, solo ora sono consapevole della guerriera che ho al mio fianco.

Il suo silenzio e i suoi occhi mi parlano, mi rassicurano, mi fanno capire che in qualche modo ce la faremo. Tutto questo non potrà durare per sempre, durerà a lungo, ma ne usciremo vincenti, perché tutti negli ospedali lottano per il nostro bene, lottano per la vita di tutti noi e mettono in secondo piano la loro.

Non nascondo però che ho paura, tanta, ho paura di non poter più rivedere mia mamma, di non poterla più abbracciare…e ciò che ho capito in questi giorni è anche questo, l’importanza degli abbracci, ciò che ho sempre odiato dare e ricevere... ora l’unica cosa che vorrei fare è abbracciare forte la mia mamma, ma questo maledetto virus non me lo permette.

Ora è arrivato il momento di combattere, è questo il nostro compito, andare oltre, essere forti e non farci calpestare da nessuno, non da un virus...perché tutti insieme, seppur distanti, riusciamo ad essere una grande famiglia in grado di aiutarsi anche andando oltre le barriere che ora ci sono state imposte.

L'articolo è di Marta Frascaro, studentessa della 5B Scienze Umane del nostro istituto, pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

 

IL   NEMICO  INVISIBILE

È sconvolgente come tutto possa cambiare da un momento all’altro.

Basta una minima distrazione e la situazione ti sfugge come sabbia tra le mani. Assurdo vero? Ormai non si capisce più nulla. È da più di un mese che la popolazione mondiale si trova a far fronte a un nemico sconosciuto e per di più invisibile, silenzioso e purtroppo ancora indomabile. Oltre ad avere lo strano nome “Coronavirus”, nel giro di poche settimane ha avuto la devastante idea di vendicarsi del nostro menefreghismo agli albori dell’epidemia, impossessandosi della nostra tranquilla routine e stravolgendola completamente sia a livello quotidiano ed economico, sia a livello emotivo.   

Come dimenticare l’ultima volta che il suono della campanella ci pizzicò i timpani, ignari di quello che ci sarebbe aspettato nei giorni a seguire… da lì a poco si procedette con delle rigide restrizioni: non uscire di casa, chiudere tutte le attività commerciali e luoghi di svago, evitare qualsiasi forma di contatto fisico per il bene delle persone a cui siamo legati. E la gioia si trasformò presto in nostalgia. Svegliarsi illudendosi per un istante che sia solo un incubo, per poi realizzare che è la realtà a parlare. Qualcosa di mai visto prima. Improvvisamente nelle città regna un silenzio angosciante. Nel frattempo i nostri occhi sono costantemente incollati sullo schermo, affamati di novità positive, ma per ora positivi sono solamente i casi sempre più in aumento; ciò che fa rabbrividire ancor di più è vedere quei maestosi carri militari trasportare i corpi di centinaia di defunti in zone diverse da quelle di appartenenza. Numeri quasi indecifrabili, che fanno sperare e disperare. Un vero e proprio bollettino di guerra. 

Per non parlare del clima insostenibile che si respira negli ospedali non solo per l’arrivo di un mare di nuovi pazienti da assistere ma soprattutto per la mancanza di presidi sanitari, fondamentali questi ultimi a garantire una sicura difesa dal virus ma in primis per salvaguardare gli operatori sanitari stessi che per altro tremano dal timore di contagiare le loro famiglie. È tutta una corsa contro il tempo. La paura di perdere ulteriori pazienti spezza sempre di più il fiato, mentre il resto del mondo si protegge e attende pensieroso la fine della tempesta. Un cambiamento improvviso e radicale, ma sia infermieri che medici si rifiutano di arrendersi e sono lì ogni giorno a combattere arduamente la loro battaglia, instancabili più che mai. Persino chi non era più in carriera da svariati anni o chi si è visto rendere subito la propria laurea abilitante, ha scelto di mettersi in gioco in questa sfida senza precedenti. 

Vietato varcare la soglia della porta di casa se non per motivi di estrema necessità come rifornirsi di scorte alimentari o medicinali in modo tale da poterne usufruire in un periodo non breve.

Ma come siamo arrivati a tutto questo? Anime stracolme di diffidenza nei confronti di chiunque, gesti e movimenti attenti dettati dalla paura di peggiorare le cose. Un tunnel senza luce in fondo, ma la primavera non ha nessuna colpa. Non lo sa!

Le meravigliose creature floreali, puntuali come un orologio svizzero, sono in procinto di dipingersi del loro originale colore, il cinguettio degli uccellini che danno il via a una nuova giornata sembra che ci sussurri che tutto questo presto avrà una fine e per poco non ci commuove, l’allungarsi delle giornate ci racconta che l’estate ha fretta di arrivare anche se noi vorremmo solo urlarle di fare con calma. Non ci resta altro che condividere attimi di dimenticanza cantando a squarciagola affacciati ai balconi fino a perdere la voce. Non ci resta altro che lasciarsi scaldare dal sole primaverile sulla nostra terrazza. Non ci resta altro che dedicarci maggiormente alla nostra famiglia considerando il fatto che fino ad ora non avevamo mai a disposizione ritagli di tempo. Non ci resta altro che iniziare tutta quella sfilza di mansioni che abbiamo sempre rimandato. Non ci resta altro che divertirci  macchiando un cartellone bianco con i colori dell’arcobaleno ricalcando poi un titanico “Andrà tutto bene”. Non ci resta altro che munirci di forza e, se possiamo, anche trasmetterla, poiché mai come ora è indispensabile per non mollare la presa. Non ci resta che fare di questo tempo, ormai totalmente nostro, un’arma.   

Naturalmente come possiamo non citare la grandiosa efficacia della didattica a distanza, infatti è solo grazie a essa che tutti noi studenti possiamo continuare le nostre attività, tramite dispositivi elettronici, e allo stesso tempo interagire ventiquattrore su ventiquattro con i nostri docenti che ci stanno accompagnando anche in questo calvario. Prova evidente che nessuno ha intenzione di darla vinta al tempo che, ora come ora, ci ha esplicitamente voltato le spalle. 

Addirittura lo stesso presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte, nelle sue tanto attese dirette stampa, non si stanca di ripetere più e più volte che da questa guerra ne usciremo.

Certo, una volta usciti dalle nostre gabbie, non ci possiamo sicuramente aspettare che tutto torni come prima, a  quando nulla ci spaventava.

Ce ne vorrà di tempo prima di ricominciare a sentire il calore di un abbraccio, il sapore di un bacio, la semplicità di una stretta di mano… 

Per un lasso di tempo indeterminato vivremo solamente di sguardi per intenderci.   Ci prenderemo tutto il tempo necessario per prendere la rincorsa e ripartire più indistruttibili e senza dubbio più felici di aver superato, nonostante gli insormontabili ostacoli, anche questa.

Un periodo inciso nella nostra memoria che racconteremo con il sorriso perché inevitabilmente impareremo a non dare più nulla per scontato e a cogliere la profondità di ogni singolo respiro.

Elena Mancarella 5B Scienze Umane

 

LA VITA DURANTE IL COVID 19

Ormai da qualche mese a questa parte sentiamo parlare di una spaventosa ombra che ha oscurato le nostre giornate. È entrata nelle nostre vite, nella quotidianità, modificandone la routine. Covid-19, lo chiamano così, ma è più frequente sentir parlare di “coronavirus”. Si tratta di un virus che attacca le vie aeree e in alcuni casi può portare alla morte. Ci siamo visti privati da un giorno all’altro della libertà, degli affetti, della spensieratezza di una corsa mattutina, di un caffè con gli amici. Ormai da settimane non sentiamo più il calore di un abbraccio, di un bacio sulla guancia, e ora come ora, ci rendiamo conto di quanto questo fosse fondamentale per ognuno di noi. Senti nel petto la mancanza di qualcuno, la speranza che questo stia bene, che sia al sicuro per poterlo riabbracciare appena l’incubo sarà finito. Siamo “animali sociali” in fin dei conti, ma non abbiamo mai prestato attenzione a tutto questo, forse ormai visto come qualcosa di scontato, quasi dovuto.

Eppure in questo tempo buio non è difficile rivedere la luce. Abbiamo ridato, infatti, importanza alla vita proprio ora che ci sembra che ce la stiano portando via! Abbiamo prestato attenzione alla nostra famiglia e siamo tornati ad apprezzare le cose semplici, come preparare dolci insieme o una semplice chiacchierata. Questo sentimento si è riversato fuori dalle nostre case, sui nostri balconi, dalle terrazze, dalle finestre, unendoci con un invisibile filo di speranza e voglia di fronteggiare tutto questo con il sorriso. L’Italia si unisce così, senza più nessun tipo di discriminazione, tra musica e colori, sostiene il gravoso male che ha messo in ginocchio la nazione. Tutto ciò mi dà ancora speranza che questa “vicinanza” tra le persone, di diverse regioni e idee, possa rimanere per sempre nei cuori di tutti.

Elisa Gatto 4A Scienze Umane

 

Noi e il Covid 19

Il coronavirus non è solo un virus, è un mostro invisibile con cui l’intera Italia sta combattendo. In questo momento così difficile, ritengo che la nostra nazione sappia bene il significato della parola “unità”, sebbene nel corso della storia ci è stato insegnato che non è stato così semplice potersi definire con un solo nome: Italia. Così come prima, ancora ora tutto ciò è possibile grazie alla COLLABORAZIONE da parte sia dei cittadini e, soprattutto, da parte dei medici che sono i veri eroi! Tuttavia, l’altra faccia della medaglia ci mette nelle condizioni di avere PAURA dei numeri che crescono. Sono vite, erano persone con ideali e voglia di andare avanti ma tutto ciò è stato spezzato troppo presto. È importante focalizzare l’attenzione su quanto valga la vita di una persona. Ci vogliono nove mesi per crearne una, ma in un attimo tutto può essere cancellato. Il problema che affligge molti è pensare che la vita di un anziano non abbia la stessa valenza di un giovane. Lo sbaglio è proprio questo. Da un punto di vista sociale stiamo vivendo una situazione in cui il prossimo è un nostro nemico, ciò per noi tutti può essere una “condanna” perché l’uomo, come diceva Aristotele, è un “animale sociale” e ha bisogno del prossimo per vivere meglio. Ora, invece, siamo obbligati a restare nelle nostre case e non avere contatti sociali.

Tuttavia non è la cosa peggiore che ci potesse capitare… prima o poi tutto andrà bene…

Maria Vittoria Castiglione 4A Scienze Umane